Dice Jonathan Bertolai di questa nuova sfida: “È uno spettacolo che parla a tutti, di questo tempo incerto che stiamo vivendo, un tempo che incede più velocemente della natura dell’uomo, costretto a rincorrere sé stesso, in una distanza ormai siderale. Caligola come noi fluttua smarrito nei meandri della sua mente cercando l’impossibile.”
Note di regia
“Oggi Caligola abita solitario il regno del suo spirito malato, tanto sopraffatto dal peso di un lutto esistenziale da trascinare la sua vita verso l’abbandono dell’umanità.
Immaginario e realtà, ricordo e avvenire, logica e follia, si fondono rapsodicamente nella sua mente fratturata.
Confinato nel suo spazio mentale frammentato, sempre più rotto e logoro e distorto. Si trova riflesso infinitamente su sé stesso e sui monitor, invaso dai suoni e dai suoi stessi pensieri.
Il corpo in scena diventa pancia, spasmodico, delirante, irrefrenabile, fino a quando non esaurisce l’energia. Finché non resta niente, nothing (per riprendere l’introduzione musicale).
Il non senso della vita… poiché Caligola non riprendendosi dalla perdita di Drusilla e trasformando quel lutto nel lutto stesso dell’esistenza, inizia un percorso distruttivo e autodistruttivo.
Una parabola destinata al fallimento poiché non basterà neppure la morte a spegnere il tormento del giovane.
La scoperta della morte, la perdita dell’amore, scatenano una metamorfosi in Caligola, una rinascita nel vuoto, insostenibile per un essere umano. Il suo desiderio impossibile difatti diventa quello di uscire dalla condizione umana, dalla miseria dell’esistenza umana.
I canopi, le statuette che lo circondano sono bambini. Caligola ha perduto il rapporto con l’infanzia, con la vita vissuta nel presente, con il gioco, con la natura. Aspetti di sé che tornano a visitarlo e che lui continua a distruggere.
Caligola non muore, o forse è già morto, o è ancora nel momento del trapasso. Ciò non cambia la sua sofferenza.”
Jonathan Bertolai